L’azione di ferrare il cavallo si è resa indispensabile sin dai tempi più antichi di utilizzo del cavallo: l’uomo ha infatti compreso che sarebbe stato necessario e sicuramente più produttivo proteggere lo zoccolo dall’usura derivante dall’attrito e dallo sfregamento contro il terreno. Per arrivare ai primi esempi di ferratura come la intendiamo oggi bisogna risalire attorno al 550 d.C., dato che prima si trattava più semplicemente di “suole” ferrate, fermate con legacci di cuoio. Con il passare del tempo, le tecniche e i materiali si sono evoluti e la mascalcia nonché la figura di maniscalco hanno acquistato sempre più attenzione nel mondo dell’equitazione.
La ferratura si distingue in diversi tipi, in base all’utilizzo che ne viene fatto: può essere “ordinaria” se effettuata su un cavallo in cui non si riscontrano particolari problemi; si identifica come “correttiva” se applicata a cavalli con difetti di appiombi o deambulazione; infine può essere classificata come “terapeutica” se ha lo scopo di guarire o migliorare un difetto cronico di movimento.
Anche secondo le tecniche di applicazione la ferratura può essere distinta in due sottogruppi: può essere fatta a caldo, per cui è più facilmente applicabile all’orlo plantare perché i difetti del ferro si possono correggere immediatamente ma va detto che non sempre i cavalli tollerano bene questa operazione. Al contrario può essere fatta a freddo, che è in realtà la tecnica più utilizzata perché si adoperano ferri pre-fabbricati; in questo caso però entra in gioco la manualità del maniscalco che dovrà essere in grado di pareggiare al meglio l’unghia del cavallo.