L’addestramento all’arresto va affrontato in due tempi: far sì che il cavallo si fermi e farlo rimanere tranquillo, senza pretendere da lui altro se non che neppure accenni a retrocedere.
Il cavallo “piazzato” ha il suo punto più elevato nella nuca.
Gli arti anteriori non sono retrocessi sotto il cavallo, ma verticali; mentre i posteriori sono avanzati.
I due bipedi devono essere allineati ognuno sulla propria linea.
Per ottenere tutto questo bisogna agire intensamente ed in modo proporzionato alla sensibilità ed alla risposta dell’animale, con l’assetto e le gambe.
Il cavallo si deve arrestare senza dimenticare i posteriori in posizione arretrata.
Le mani, che chiudono le dita sulle redini, rimandano sulle anche la spinta, che non può svilupparsi in avanti, ottenendo così un arresto nell’impulso e nell’equilibrio.
Quando l’arresto è stato ottenuto, il cavaliere rilascia le gambe e le dita: se ciò non accadesse, il cavallo potrebbe fraintendere il comando impartito, ad esempio accennando a retrocedere di propria iniziativa, e se ciò accadesse, sarebbe la dimostrazione della mancanza d’impulso e di sottomissione, visto che in quel momento si sottrarrebbe alle azioni non essendo agli ordini.
Se il cavallo una volta arrestato, non è piazzato, non dovrà mai trovare la giusta posizione degli arti portando indietro quelli avanti, ma bensì portando avanti quelli indietro.
Il cavallo deve mantenersi immobile, nella mano e con l’impulso che gli consenta di avanzare prontamente al minimo segnale del cavaliere.
Francesco