Le origini dell’ inseminazione artificiale adoperata per gli animali risale al 1779 quando Lazzaro Spallanzano sperimentò questa nuova tecnica per la riproduzione su un cane.
Nel 1900 presso l’allevamento militare di Persano si iniziano a sottoporre a queste cure anche i primi cavalli, aumentando in questo modo notevolmente la possibilità di cavalle che potevano diventare fattrici (60-70 cavalle – monta naturale, 150 cavalle – inseminazione artificiale). Questo nuovo metodo ha una serie di vantaggi, come la diminuzione del rischio di malattie veneree, l’eliminazione dei problemi connessi alla monta con lo stallone e dello sforzo fisico associato alla monta, il controllo continuativo delle caratteristiche seminali dello stallone, l’aumento della possibilità di eredi concepiti da questo e l’eliminazione del suo eccessivo sfruttamento per la monta.
Tuttavia l’inseminazione artificiale, se mal gestita, può presentare anche dei limiti, ad esempio l’inadeguato controllo sanitario degli stalloni, l’uso su larga scala di riproduttori e non di miglioratori, una cattiva gestione delle cavalle inseminate che potrebbe portare alla loro infertilità e soprattutto richiede l’installazione di strutture apposite costose e la loro manutenzione.
La monta naturale, invece, rimane comunque obbligatoria per il purosangue inglese che, a seconda della gestione delle fattrici in calore, viene effettuata due volte al giorno.