Il 18 Settembre 2012, trascorsi i due anni di validità, è naturalmente decaduta l’Ordinanza Ministeriale che prevedeva l’obbligatorietà del test sugli equini. L’Ordinanza al momento non è stata rinnovata dal Ministero della Salute e quindi al termine dei due anni dall’entrata in vigore non produce più effetti, almeno sino all’immissione di nuove indicazioni in merito.
L’Anemia Infettiva Equina è una malattia poco studiata e fino a pochi anni fa tutti i cavalli riscontrati positivi venivano immediatamente macellati. La malattia si trasmette attraverso insetti ematofagi (essenzialmente tabanidi) o per via iatrogena (attraverso strumenti veterinari infetti ma più in particolare i casi accertati in Italia di trasmissione iatrogena sono avvenuti attraverso emoderivati contaminati in un unico episodio nel 2006). I test attualmente utilizzati per determinare la positività alla malattia (ELISA e AGID o Coggins) rilevano unicamente l’avvenuto contatto tra il sistema immunitario dell’animale ed il virus. Secondo l’Associazione Nazionale dei Medici Veterinari Italiani, “i cavalli positivi presentano un livello di viremia generalmente insufficiente per la trasmissione della malattia tramite insetti ematofagi” (ANMVI, 25 novembre 2009), quindi i soggetti semplicemente positivi alla malattia non sono, in linea generale, fonte di contagio. Diverso è il caso dei soggetti realmente malati. In Italia abbiamo un piano faraonico di controllo che, pur ridimensionato con l’ultima ordinanza in materia, ha fatto testare nel 2009 più di 200’000 tra cavalli, muli e bardotti con un dispiego di risorse immenso. Circa 300 di questi sono stati riscontrati positivi (Fonte: IZSLT Considerazioni conclusive “Piano di sorveglianza nazionale per l’anemia infettiva degli equidi” – Anno 2009). Dal punto di vista statistico, eliminando i dati anomali, abbiamo una percentuale di positività al di sotto dell’1%. Si stima prudentemente che almeno il 90% dei cavalli positivi non contrarrà mai la malattia e, quindi, non sarà mai una potenziale fonte di contagio. Considerando quanto detto abbiamo un rischio epidemiologico vicinissimo allo zero. Tutto ciò significa che ogni anno centinaia di equidi sono stati strappati al proprio compagno umano per avviarli ad un inutile isolamento o addirittura alla macellazione senza che questo comporti alcun beneficio per il patrimonio zootecnico nazionale, creando solo dolore e alimentando paure medioevali basate sull’ignoranza.
Il 1° ottobre 2012 presso il Ministero della Salute si è svolto l’importante Convegno dal titolo “Anemia Infettiva degli Equini. Attualità e prospettive di controllo a sei anni dalla sorveglianza pianificata”
In questa sede è stata espressa l’idea in merito ad una possibile compartimentalizzazione delle zone più a rischio su cui continuare la sorveglianza. Ciò limiterebbe in modo molto significativo l’area su cui continuare a svolgere i prelievi, riducendo, quindi gli oneri relativi a tali analisi per tutti gli utenti ora presenti in aree valutate non a rischio.
A tutt’oggi si passa a da zone dove il test non si effettua più a zone dove si effettua ogni 4 anni, ogni 2 anni, ogni anno.
Insomma, un delirio.