Già il nome rivela molto sul carattere di questa razza: “Mustang” è infatti un’importazione linguistica dal termine spagnolo “mesteňo” che significa “non domato, selvatico, senza padrone”. I Mustang in effetti furono importati oltre Oceano dai primi colonizzatori e le origini della razza attuale vanno ricercate tra i cavalli Andalusi e i Berberi, portati in America dagli Iberici, appunto. Man mano che vennero colonizzati i territori del Texas, della California e del New Mexico i cavalli proseguirono al seguito delle popolazioni oppure fuggirono, creando mescolanze con cavalli autoctoni, altri invece furono catturati dagli Indiani nativi. Questi movimenti contribuirono ad aumentare il numero di esemplari non solo nel Sud degli Stati Uniti ma in tutta l’area dell’Ovest, tanto che all’inzio del Novecento si stima che il numero di cavalli inselvatichiti si aggirasse intorno al milione. Tuttavia, nel corso del tempo, sono stati impiegati per gli usi più diversi: cavalli da mandria, da tiro o da sella, utilizzati anche come merce di scambio o addiritura venduti per scopi militari e questo fece sì che il numero si riducesse drasticamente. Attualmente comunque esistono diverse associazioni che si occupano della tutela dei Mustang, incentivandone riproduzione ed allevamento.
Cavallo robusto e selvatico, con un’altezza che varia dai 137 ai 152 cm al garrese; il collo è corto e gli stinchi lunghi e rotondi. Sono ammessi il sauro e il baio per il colore del mantello ma sono concesse anche altre sfumature.
Ciò che rende davvero particolare il Mustang è il suo essere profondamente legato ai territori statiunitensi e la sua avventurosa storia si rivela strettamente intrecciata a quella Americana.